Amir Issaa al Suq: «Abbattiamo i muri diffondendo la cultura»
«I muri che si stanno alzando, le frontiere che si vogliono costruire sono semplicemente una barriera alla cultura, che in questo momento storico penso sia un veicolo di pace e fratellanza».
Il rapper italo egiziano Amir Issa, a Genova per il laboratorio teatrale universitario Medea Opera Rap – realizzato dal Suq Genova in collaborazione con Alfa Liguria (ex Arsel Liguria) e che andrà in scena giovedì 4 maggio al Teatro Altrove – ha le idee chiare sulla strada da seguire per andare nella direzione giusta. Perché «il mondo è un contenitore con tanti ingredienti e se si conoscono tutti questi ingredienti e si mettono insieme si può sempre tirar fuori qualcosa di buono».
Proprio per questo «è importante che iniziative come il Suq continuino a esistere e ad andare avanti, anzi, che ce ne siano sempre di più». Un Festival che da 19 anni porta sul palco tradizioni e voci dal mondo, annullando quei confini che in questi ultimi tempi stanno diventando barriere non solo fisiche ma anche mentali.
E anche il teatro è fatto di ingredienti diversi, a volte apparentemente distanti e incompatibili, un po’ come la tragedia di Euripide, Medea, e il ritmo del rap. Ma se mescolati nel modo giusto il risultato può essere sorprendente.
Su questo Issa non ha dubbi: «Il rap è un linguaggio ed essendo un linguaggio può adattarsi a tutte le forme d’arte e di espressione. Sono convinto che un’opera teatrale come Medea si possa rappresentare con un mezzo come il rap. Un genere musicale che per tanti anni in Italia ha vissuto un momento buio: ritenuto un non genere musicale, parole buttate a caso». Oggi rivalutato e molto apprezzato.
Da sempre impegnato nel sociale, ha sostenuto lo Jus soli, definendolo una scelta di civiltà, con il progetto Potere alle parole realizza laboratori nelle scuole pubbliche per diffondere il concetto di uguaglianza, contro razzismo e discriminazioni e organizza laboratori musicali per aiutare i giovani: «Nelle periferie – racconta – mi piace fare dei laboratori di rap, per trasformare il loro disagio in arte, creatività».
Un approdo non casuale, ma frutto di un’esperienza: «Quando ero piccolo avevo una situazione familiare difficile, non mi sentivo accettato per il mio nome, per la mia pelle e ho subito tante discriminazioni». Il rap lo ha salvato: «Il giorno in cui ho incontrato questo genere musicale mi son sfogato, trasformando la rabbia in qualcosa di buono. Oggi mi piace portare questo esempio ai ragazzi».
A quei ragazzi che, dalla società, vengono spesso etichettati come apatici, senza voglia di fare niente e capaci di stare solo davanti ai social network. Amir, però non ci sta ad attribuire queste etichette ai giovani: « Non è assolutamente vero. In tutti i periodi storici si sono sentiti questi discorsi».
In fondo per capirli c’è un segreto, forse il più semplice dei consigli, ma che a volte sfugge: «Basta sedersi accanto a loro, parlare, entrare in sintonia con il loro mondo e mettersi sullo stesso livello». Facendo questo: «sicuramente si può tirare fuori qualcosa di buono».
Sempre in movimento, il prossimo progetto è un libro che parla della sua storia, di quei ragazzi incontrati nelle periferie romane e ovviamente di rap: «Uscirà a maggio per Chiarelettere accompagnato da una colonna sonora che sto scrivendo. Per la prima volta affianco la musica a un progetto letterario», dice.
Ma guardando più in la, oltre i confini: «nel futuro mi auguro e mi immagino un mondo in cui si ritornerà a vivere come una volta: un mondo senza barriere».
Un auspicio che è anche del Suq, che da sempre lavora per promuovere la cultura come «veicolo di pace e fratellanza». Per realizzare questo punta anche sulla formazione dei giovani. E Medea Opera rap è un tassello importante di questo puzzle fatto di dialogo, spettacoli e incontro.
[nella foto sopra: Amir Issaa, Roberta Alloisio, Enrico Campanati con i ragazzi del laboratorio teatrale universitario Medea Opera Rap – foto Luca D’Alessandro]