Ad Auschwitz memoria e futuro, pensando al prossimo Suq

“Fa’ o Signore/ che io non diventi fumo/ fumo di Birkenau, fumo/ in questo cielo straniero/ma riposare io possa laggiù/ nel mio piccolo cimitero abbandonato/…”
La poesia di Liana Millu risuona, lì, a Birkenau, dove è stata scritta. E’ un’emozione leggerla, e un privilegio partecipare come Erede dell’Associazione Nazionale Ex Deportati al pellegrinaggio nei campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau e di farlo insieme a 25 studenti di Istituti scolastici della Regione Liguria, vincitori del concorso 27 gennaio: Giorno della memoria. Lo scambio con le ragazze e i ragazzi durante la visita, e le riflessioni al ritorno, saranno il ricordo più significativo di questo viaggio organizzato dal Consiglio Regionale della Liguria, che pure ha avuto momenti istituzionali importanti, come la deposizione nei due Campi di corone e ceri, a rappresentare l’omaggio di tutti i cittadini liguri alle vittime dello sterminio. Dove non c’è stata giustizia, ci deve essere memoria, memoria di una tragedia di proporzioni inimmaginabili, che ha riempito gli occhi di lacrime a tutti noi, vedendo la commozione di Miryam Krauss, vice presidente della Comunità Ebraica, e del Rabbino Giuseppe Momigliano, mentre recitava la preghiera.
Catena di trasmissione, da generazione a generazione
Quando l’anno scorso a fine gennaio abbiamo deciso il tema del Suq Festival 2016, Generazioni: memoria e futuro, l’idea era nata di slancio dopo l’incontro stimolante tra Gilberto Salmoni, Presidente ANED ligure, e Amir Issaa, rapper italo-egiziano. Salmoni, sopravvissuto a Buchenwald, aveva dialogato con il pubblico e con il giovane artista di seconda generazione, parlando con preoccupazione delle discriminazioni e delle violenze dei giorni nostri, in nome delle fedi religiose o delle appartenenze etniche. Nell’abbraccio tra quei due testimoni di mondi e generazioni differenti, uniti da un comune sentire, c’era tutta la forza e la necessità di riparlarne di nuovo, la voglia di farlo in quel teatro che parla molte lingue e dove “incontrarsi è già pace”, che è il Suq. Un luogo dove al pubblico più multiculturale d’Italia (a detta di Marco Aime) si aggiunge la percentuale più alta appartenente alla fascia dai 16 ai 40 anni. Una generazione che dai fatti della Seconda Guerra Mondiale è stata solo sfiorata, attraverso racconti dei nonni o lezioni scolastiche, ma che invece è immersa nelle vicende che infiammano l’oggi, e scatenano razzismi, alzano i muri.
L’inutilità dei muri, oggi
Dopo la visita nei Campi, tornando in albergo, un foglio di giornale passa di mano in mano. L’ha conservato il Rabbino Momigliano. Su La Repubblica del 12/2/2016, nella rubrica di Corrado Augias, una lettera firmata da Guariente Guarienti parte proprio da lì, dalla Shoah, per immergerci nel presente. Cita un’intervista a Marek Edelman, uno dei comandanti dell’insurrezione nel ghetto di Varsavia (aprile 1943), che nel 1997 così si esprime sul fenomeno dell’immigrazione: “E’ assurdo pensare, come si fa in Occidente, che qui si possa mantenere a lungo un ghetto per i ricchi. Che i muri intorno all’Europa possano fermare gli affamati. La fame distrugge ogni muro. E gli affamati dell’Africa arriveranno da voi, nessuna legge che limiti l’immigrazione vi proteggerà. Qui sorgerà una nuova cultura, un po’ europea, un po’ asiatica, un po’ araba e africana, frutto dell’immigrazione, che nessun cannone né confine fermerà. Nessuno ha mai vinto contro la gente affamata”.
Testimonianze, racconti, domande
Parole che circolano tra quei ragazzi che ho visto camminare commossi nelle strade fangose dei Campi, entrare nelle baracche, nelle stanze di quelle “docce” da cui esseri umani innocenti e inconsapevoli uscivano cadaveri, per compiere l’ultimo tragitto verso i forni crematori, o le fosse comuni, trascinati dalle braccia di altri esseri umani, deportati pure loro, e obbligati a farlo. “Spogliare un morto ancora caldo, un uomo che conoscevamo…non avevo scelta a meno di non andare incontro alla stessa sorte. Quando il corpo venne gettato nelle fosse il braciere fece un guizzo, come quando si aggiunge un pezzo di legno nel camino e il fuoco si ravviva improvvisamente quasi per inghiottire meglio il corpo. (…) Bisognava fare quello che ci ordinavano come degli automi, senza riflettere, ma vedendo quel corpo bruciare mi ritrovai a pensare che i morti avevano più fortuna: non erano obbligati a subire quest’inferno in terra, a vedere la crudeltà degli uomini”. Così scrive l’ebreo Shlomo Venezia, deportato ad Auschwitz.
Quanti spunti per fare domande… Sì, memoria e futuro è il tema giusto per il Suq, che nel 2016 diventa maggiorenne, come quei ragazzi che hanno raccontato la Shoah.
Carla Peirolero
Ideatrice Suq Festival e Teatro peirolero@suqgenova.it
Riferimenti utili
R. Assuntino, W. Goldkorn, Il Guardiano. Mark Edelman, Sellerio
Il Pianista, regia di Roman Polanski, 2002
Shlomo Venezia, Soderkommando Auschwitz. La verità sulle camere a gas, BUR